POST N. 700! MANIFESTO PER IL CAMBIAMENTO

Quanto si parla di ″cambiamento″! È sicuramente il tema più dibattuto nei tempi di crisi sociale ed economica, ma anche, ovviamente, nei momenti di insoddisfazione personale o nelle proprie relazioni. Una delle frasi più celebri di Ghandi recita: ″Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo″. Con essa il Mahatma esorta ad impegnarsi ed agire in prima persona per produrre gli effetti di trasformazione che ciascuno desidera vedere a livello planetario, ma l'aforisma può essere anche interpretato come invito a cambiare innanzitutto noi stessi, al fine di produrre un mutamento della coscienza collettiva che parta dall'evoluzione di quella individuale.


Siamo ad un punto di svolta epocale: o soccombiamo alla tecnologia, lasciandoci influenzare, guidare e persino controllare da essa, o facciamo un balzo in avanti nella coscienza collettiva. Questo ″balzo″, un vera rivoluzione, deve però avere premesse realmente diverse rispetto a quelle fino a qui utilizzate, soprattutto da noi occidentali, e poggiare dunque su una nuova visione della natura ultima della realtà e del nostro ruolo in essa. Quale visione è più elevata della visione di unità del tutto o della non−dualità, che riguarda i fondamenti stessi dell'esistenza?

Dunque, cosa sarebbe della storia dell'umanità, e della vita in generale su questo pianeta, se la coscienza collettiva fosse intrisa della consapevolezza che la natura della realtà è unitaria, e che tutti stiamo partecipando ad un unico, grande processo di manifestazione dell'esistenza? Quali modelli sociali, economici, culturali, ecologici, ecc. si affermerebbero? Quali cambiamenti piccoli e grandi nella vita di ciascun individuo, nelle sue relazioni e nel suo intimo sentire?

Attenzione però: non basta una mera comprensione intellettuale di questo principio che di per sé può persino sembrare semplice nel suo enunciato. È necessario che la consapevolezza di questa verità ultima diventi la frequenza di riferimento, come quella di un diapason, alla quale si allineano coerentemente ogni nostro pensiero, ogni scelta ed ogni azione. Solo così assisteremo a cambiamenti concreti nella nostra esperienza esistenziale.

Può sembrare un obiettivo difficile e lontano da raggiungere, ma non lo è: la prima buona notizia è che la non−dualità, non è qualcosa che si deve imparare a praticare, né che si deve riconquistare o raggiungere, perché è lo stato naturale dell'esistenza. Una condizione che già ci appartiene e rispetto alla quale l'unica azione possibile è il suo riconoscimento, mentre fino ad ora, la si è invece dis−conosciuta e negata.


Inoltre, per riappropriarci di questa verità fondamentale e produrre effetti sulla nostra vita, come raccontano i Veda, come spiega il Janana Yoga e come insegnano gli insegnanti di Advaita, l'unica cosa da fare è lavorare sulla consapevolezza, partendo dai fortissimi condizionamenti che soprattutto noi occidentali abbiamo rispetto ad una realtà caratterizzata dalla dualità e dalla separazione al suo interno, per ristrutturarli gradualmente verso una visione unitaria e non dualistica. Parallelamente e coerentemente cambierà anche la nostra esperienza personale e offriremo il nostro ″contributo″ alla evoluzione della coscienza collettiva.
Facciamo dunque spazio alla visione di unità del tutto, con la convinzione che l'unico obbligo che abbiamo verso noi stessi, ma non solo, non è tanto quello della coerenza, ma piuttosto quello di rispettare la verità che scopriamo di giorno in giorno, magari lungo questo nuovo percorso di consapevolezza.


Nel giorno del suo compleanno, dedico questo post a mio padre, che sta ora partecipando al tutto senza alcuna identificazione particolare.